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10. La cà di urtlàn

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Era detta "la casa degli ortolani" perché gli abitanti lavoravano gli orti padronali posti da secoli subito dietro il muro, più recente, che chiude Via Larga Castello. Per buona parte del Novecento sono stati i membri della famiglia Gualandi. Nel cortile sul retro c'era il pozzo con la vasca per lavare la verdura fresca, che poi veniva venduta in casa a pian terreno. Ricordano che la Fernanda vendeva anche i pezzi di zucca che col carretto aveva portato a cuocere al forno in piazza: i bambini aspettavano pazienti la fine della vendita e poi correvano a raschiare la piastra con le dita per mangiare quello che era rimasto attaccato. Naturalmente, appena potevano, facevano una visitina anche agli alberi da frutta nell'orto, specie quelli di rusticani. Erano gli anni '40 e in giro c'era un bel po' di fame. La Fernanda e il figlio Attilio al mattino vendevano i loro prodotti di stagione anche davanti alla macelleria Gaiani sullo stradone, dopo averli caricati sul carretto, poi divenuto triciclo a pedali.

Nella prima porta in basso a sinistra, trasformata in finestra con la ristrutturazione degli anni '90, lavorava un altro fabbro di nome Massarenti: era molto bravo e, oltre a produrre e riparare attrezzi agricoli, fu lui a realizzare l'inferriata che chiude il sagrato delle due chiesine.

Tra le famiglie residenti c'era poi quella di Mulène, che faceva il fuochista alla falegnameria Villani all'interno del borgo (la incontreremo tra poco) e si alzava tutte le mattine alle quattro per mettere in funzione, dopo una capatina all'osteria, gli impianti dell'essiccatoio. Mulène, decorato con medaglia d'argento come eroe della prima guerra mondiale, dove era rimasto zoppo, ebbe l'unico figlio Aldo, carrista, caduto in Egitto nella seconda. Così passava la Grande Storia nelle case del piccolo borgo.


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