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Siamo
negli anni Trenta e la vita del Castello tiene insieme tante cose
diverse: qui è un gruppetto di bambini (ce n'era dappertutto,
a ogni ora del giorno) che posa con i dipendenti delle industrie del
borgo – tipografia Bevilacqua e falegnamerie Villani e Bolognesi –
durante la pausa pranzo. Il Castello era sempre animato e
tra le biciclette compariva talvolta anche un'auto:
a proposito, che modello sarà?
Nella
foto si vede bene anche la "Casa del Notaio" coi portici
più alti, e in primo piano invece un'arcata più lunga
delle altre. Lì, agli inizi del secolo scorso, al posto
dell'attuale garage c'era un passaggio che portava a un cortile
interno. Vi si trovavano l'osteria del Lalo e la bottega del
battirame Arienti.
Il
Lalo, o Mansueto Pezzoli come in realtà si chiamava, era un
tipo estroso: quando non aveva gente, andava a dare una mano al
vicino di cortile ad aggiustare pentole e fabbricare mestoli, inoltre
sapeva suonare la chitarra e più avanti fu uno di quelli che
facevano concertino col maestro Franco alla "Trattoria della
Campana". Con la moglie Evelina formava un'ottima coppia di
ballerini richiesta alle feste, anche quando lei diventò
praticamente sorda. Comunque la sua osteria finì presto: un
giorno, subito dopo la prima guerra, comprò incautamente dei
conigli rubati e gliela fecero chiudere. I figli non erano
interessati all'attività e lui diventò canapino.
Osterie però non ne mancarono mai in paese, e lui, come tutti
del resto, ne faceva il giro a piedi o in bicicletta annunciando per
strada il suo passaggio: "La rumba che viaggia!". Ma
oltre al vino e alla musica amava anche il Castello e ha
lasciato per iscritto, cosa non da tutti a quei tempi, i suoi ricordi
del borgo ai nipoti.
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