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24. E così, siamo arrivati in porto

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L'ultima tappa del nostro percorso ci riporta al Castello industriale in via di dismissione e interamente tornato alla sua funzione abitativa solo alla fine del secolo scorso. In primo piano nella foto c'è il capannone dell'ex falegnameria Villani, ad angolo con una Via Conventino molto più stretta dell'attuale; al posto del cancello a destra, lo stesso della targa precedente, oggi ci sono dei paracarri: allora delimitava la proprietà Lombardini chiudendo la strada, e serviva da accesso alla tipografia-officina.

Nel cortile interno inoltre, girando in fondo a destra, aveva trovato posto un ampliamento dell'officina meccanica per la produzione di soprassuole per trattori a cingoli. Qui però, grazie alla presenza di un maestro d'ascia tra i dipendenti e alla passione nautica del proprietario, vennero realizzate anche alcune grosse barche – a Minerbio! – tra cui un cutter di 18 metri, che venne portato al mare con grande fatica e la scorta della polizia stradale.

Ai tempi della piena attività, comunque, il cancello era sempre aperto e ancora nei primi anni '60 ne uscivano una o due volte al giorno, col triciclo a pedali, i pacchi dei volumi che venivano portati in posta e poi spediti ai Comuni di tutta Italia: lo spingeva il Lalo, che aveva già doppiato gli ottant'anni ma era ancora forte e vigoroso come una volta e trovava sempre qualcosa da fare. Non per niente chiamava sé stesso "la rumba che viaggia". Poi un giorno, quasi in vista dei novanta, disse che cominciava a sentirsi stanco e si avvilì fino a morirne. Il borgo si era in parte trasformato durante la sua esistenza, ma ai suoi nipoti, e a noi, lasciò la raccomandazione di continuare a voler bene al Castello, un piccolo mondo dove vivere.

Arrivederci!


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