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4. Da trattoria a caserma

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Negli ultimi decenni del Novecento questa fu la caserma dei Carabinieri, di cui sono rimasti lo spioncino e il supporto per la bandiera, ma per lungo tempo, a partire dagli anni '30, era stata la "Trattoria della Campana", con qualche camera d'albergo. Era la migliore della zona, ben tenuta, con cucina curata sui fornelli a legna (che buoni i tordi arrostiti nel tegame di terracotta!), attrezzata per banchetti e matrimoni, grazie anche al giardino interno. Fu gestita dalla stessa famiglia Grimaldi che aveva lasciato la trattoria sulla piazza: Fernanda, che visse fino a 101 anni, e le figlie che l'aiutavano soprattutto sabato e domenica. Il marito Franco, un tipo piccolo così, era un vero maestro di musica e aveva tra l'altro organizzato la banda con l'inevitabile divisa fascista dove quasi tutti invece suonavano a orecchio. Il suo compito nella trattoria era di fare musica alla sera per stare in compagnia (non avevano ancora inventato la TV): lui all'organetto, una specie di piccola fisarmonica, gli amici al violino, la chitarra, il mandolino.

All'angolo con Via Ortazzo, dove la vecchia porta è diventata finestra, si trovava inoltre la bottega di Aldo al barbîr, che poco prima della caduta del fascismo scappò come tanti altri verso il Lago di Como, al confine con la Svizzera.

Di fronte all'ingresso della trattoria, si apriva invece, dietro la porta chiodata, la minuscola botteguccia di Fraschén Massarenti, il fabbro per le piccole riparazioni di forbici, tegami, serrature. Gli successero due arrotini, prima Mario Soverini e poi Fuzzi. Mario doveva essere un bello spirito, se è vero che lo si trovava spesso al caffè impegnato in una partita a carte e che in bottega, quando decideva di chiudere per un giorno, appendeva, giocando sul suo mestiere di agózz, un cartello dall'arguto doppio senso: "Domani si … a Bologna" (chi non conoscesse il bolognese chieda in giro con prudenza adeguate spiegazioni).


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