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Ripartiamo
dal n. 10, dove abitava Putènzi, che col figlio Giordano
gestiva la falegnameria al piano terra (l'ultimo locale del portico a
travi): facevano soprattutto mobili in olmo di tipo contadino e
piccole riparazioni. Ci abitava anche la Ióffa, vedova con
quattro figli, che lavava e stirava i panni per chi poteva
permettersi di evitarne la fatica. Quando era libera, si sedeva in
compagnia di altre donne sotto il portico a sbucciare cipolle, quelle
piccole da mettere sott'aceto, per la salumeria Zanetti di Via del
Borgo che già conosciamo.
Al
n. 12 invece, ripreso dalla prima foto, visse la famiglia di
Napoleone Balletti, proprietario della drogheria di alimentari e
vernici che abbiamo trovato all'inizio del nostro percorso: al piano
superiore l'abitazione, nei locali a piano terra il laboratorio,
rilevato insieme all'attività nel 1933 da Dionigio Trombetti.
Molte donne del Castello venivano qui a lavorare: facevano la
mostarda di frutta, il tamarindo con la polpa che si acquistava
dall'Oriente, i certosini a forma di ciambella con dentro canditi,
noci ecc. Per i canditi dovevano sbucciare intere casse di cedri
che arrivavano col treno, poi si portavano a casa un po' di polpa da
usare come limone. Le vernici invece venivano prodotte sul retro
della bottega di Via del Borgo ed era un lavoro maschile: bisognava
mescolare a mano per ore i pigmenti in polvere insieme ad olio di
lino cotto. Quest'ultimo era molto usato dai contadini che ogni anno
davano una ripassata ai carri per conservarli meglio. Un po' alla
volta il laboratorio si ridusse a magazzino per la merce e le bombole
di Liquigas da portare nelle case.
La
seconda foto ci porta in un appartamento nel sottotetto del n.
14, ormai in via di smobilitazione per l'imminente ristrutturazione
degli anni Ottanta. Tempo prima ci aveva abitato l'Olga ed Cîsa,
e sotto di lei il figlio Damiano, falegname, che aveva in casa al
primo piano (ma non era un caso isolato) un pozzo da cui attingeva
direttamente l'acqua.
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